Una stanza tutta per loro

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Pirandello: l’insuccesso di un uomo di successo

Personalmente, devo molto a Luigi Pirandello. In terza superiore ero stata colpita da un grave blocco del lettore, tanto che mi ero convinta che non sarei più stata capace di iniziare e terminare un libro per il resto della mia vita (sì, sono drammatica, lo so). Poi è arrivato lui, Il fu Mattia Pascal, in sella ad un cavallo bianco, capofila della lista dei libri da leggere per le vacanze. Da lì è cambiato tutto, non ho più smesso di leggere e soprattutto non ho smesso di leggere le sue opere (anche se ancora qualcosa mi manca). Eppure, molti storceranno il naso a sentirlo nominare. Sono certa che ricorderete l’interminabile biografia riportata sul manuale di letteratura italiana, forse una delle più lunghe dato che “non gli era bastato scrivere novelle, saggi e romanzi: doveva pure darsi al teatro!”. Ebbene sì, pure la lista dei suoi scritti somigliava molto a quella che stila la nonna per il pranzo di Pasqua, e nessuno aveva la minima intenzione di impararli a memoria. Quella di Pirandello fu una vita costellata di successi, fino al più grande riconoscimento per uno scrittore: il Nobel per la letteratura nel 1934 (che tra parentesi, non poté neanche ritirare di persona per motivi di salute). Insomma, ecco come ce lo presentavano alle superiori: un gigante della letteratura italiana, uno di quelli a cui non saresti degno neanche di lucidare le scarpe. Non c’è ritratto meno veritiero di questo, e ogni volta che sento parlare di questo autore in simili termini me ne dispiaccio profondamente. 

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Lettere da una bambola: l’umanità segreta di Kafka

Partiamo da un presupposto: a scuola non ho studiato Kafka. O meglio: nel manuale di letteratura c’era un paragrafetto esile, infilato in una delle ultime sezioni dell’antologia, e quello fu tutto. È stato solo dopo, a distanza di anni, che ho recuperato la conoscenza di questo autore straordinario. Finite le superiori, ero curiosa di capire cosa significasse davvero il termine “kafkiano”, che all’epoca si usava con tale frequenza da sembrare qualsi una moda. Da allora ho letto La metamorfosi e Il processo (mentre Lettera al padre e Il castello mi chiamano con trepidazione dalla libreria) e da questo primo incontro con Kafka ho capito due cose:  

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